Disegno di legge sul Fine Vita

In un Paese dove 6 milioni di persone rinunciano alle cure i costi per porre fine a indicibili sofferenze dovrebbero essere a carico del paziente?
Ma che Paese stiamo diventando?

AgenPress. «Il disegno di legge sul fine vita adottato oggi come testo base – in risposta alle sollecitazioni della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 242 del 2019 aveva indicato la necessità di una normativa specifica – rappresenta un tentativo di regolamentare l’accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia, una materia complessa e delicata.

Il testo solleva gravi preoccupazioni in merito alla tutela dei diritti individuali e all’equità di accesso alle pratiche di fine vita, soprattutto per l’introduzione di vincoli aggiuntivi rispetto a quelli indicati dalla Corte Costituzionale.

Innanzitutto, la centralizzazione delle decisioni in un Comitato nazionale di valutazione – nominato dal Governo e privo di garanzie di terzietà – rappresenta una forma di accanimento burocratico verso la sofferenza umana. Il termine di 60 giorni per esprimere il parere, prorogabile fino a 120 nei casi complessi, è incompatibile con le condizioni di molti pazienti terminali e contrasta con la natura urgente e personale di tali scelte. Inoltre, l’obbligo di attendere almeno 180 giorni per ripresentare la richiesta in caso di parere negativo, subordinandolo alla prova del mutamento delle condizioni cliniche, configura un meccanismo dilatorio che rischia di negare nei fatti un diritto riconosciuto dalla Consulta.

In secondo luogo, l’imposizione per il paziente di essere inserito in un percorso di cure palliative – non previsto dalla sentenza n. 242/2019 – rappresenta una forzatura normativa che subordina l’autodeterminazione all’accettazione di un trattamento sanitario, trasformando le cure palliative da scelta volontaria a passaggio obbligato, limitando la libertà di scelta del paziente.

Infine, l’esplicita esclusione dell’utilizzo di personale, farmaci o strutture del Servizio Sanitario Nazionale per agevolare il suicidio medicalmente assistito – pur in presenza dei requisiti stabiliti dalla Corte –  introduce un’inaccettabile barriera economica che rende il diritto accessibile solo a chi può permetterselo. Una mancata tutela che esclude le persone meno abbienti dalla possibilità di esercitare un diritto fondamentale, spalancando la porta a un mercato privato della morte dignitosa.

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Gennaro Barretta

Competenze

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Postato il

Luglio 3, 2025