Governare l’intelligenza artificiale nella Pubblica amministrazione: non solo algoritmi, ma visione e responsabilità
Riceviamo e con piacere condividiamo l’articolo del dr. Marco Carlomagno, Segretario Generale della Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, pubblicato su #HuffPost.
Un contributo prezioso che apre una riflessione importante su come governare l’Intelligenza Artificiale al servizio della collettività, tutelando il valore del lavoro e della persona.
Nelle funzioni pubbliche, la sanità rappresenta un pilastro fondamentale e sarà inevitabilmente tra i settori più toccati da come sapremo orientare e governare l’AI in futuro.
Grazie Marco per aver condiviso con noi uno spunto di grande valore e attualità.
#Mondorespiro #sanitaeAI
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ARTICOLO del dr Marco Carlomagno
Due ambiti ci appaiono oggi prioritari per ottenere benefici tangibili: la semplificazione amministrativa e l’analisi predittiva dei bisogni, in settori chiave come sanità, previdenza, protezione civile, sicurezza del lavoro. Ma serve un primo passo concreto: un patto strategico tra Governo e parti sociali
L’intelligenza artificiale può e deve diventare uno degli assi portanti della modernizzazione della Pubblica Amministrazione. Ma attenzione: l’intelligenza artificiale non è solo una tecnologia. È una trasformazione profonda, un cambio di paradigma che riguarda organizzazione, competenze, processi e cultura del lavoro pubblico. Non è (solo) un tema per informatici. È una sfida politica, sindacale e istituzionale.
Le applicazioni già disponibili possono rendere i servizi pubblici più tempestivi, accessibili e sostenibili, migliorando la qualità dell’interazione con cittadini e imprese. Automatizzare ciò che è ripetitivo, migliorare ciò che è decisionale, prevenire ciò che oggi si affronta solo ex post: questi sono i veri vantaggi. Ma la tecnologia, da sola, non basta.
L’adozione dell’intelligenza artificiale deve essere accompagnata da una revisione organizzativa e da un investimento strutturale sulle competenze. Non possiamo permetterci che l’intelligenza artificiale diventi un acceleratore dell’inefficienza: prima ripensare i processi, poi applicare la tecnologia. Senza questa premessa, rischiamo di automatizzare l’assurdo.
Già oggi alcune amministrazioni mostrano cosa sia possibile fare: Agenzia delle Entrate, Inps, Inail. Ma serve un salto di scala. Occorre passare da una digitalizzazione a macchia di leopardo a un disegno coerente e condiviso, che metta al centro l’interoperabilità dei dati, superando la cultura dei silos e la gelosia istituzionale. Il principio del “once only” è ancora ostacolato da banche dati obsolete, mancanza di coordinamento e resistenze interne. La Pubblica amministrazione non può più essere una sommatoria di feudi informativi.
La formazione è la chiave. Ma come Flp denunciamo da tempo la scandalosa media di 48 euro l’anno per dipendente investita in aggiornamento. Servono percorsi formativi mirati, differenziati per ruolo, capaci di valorizzare anche le competenze informali. Progetti come Syllabus e inPA sono passi in avanti, ma ancora insufficienti. Occorre mappare e certificare le competenze, comprese quelle informali, per costruire percorsi formativi mirati e favorire la crescita professionale. Solo una Pubblica amministrazione che conosce davvero le proprie risorse può costruire il proprio futuro.
E serve coraggio anche sui profili professionali: nuovi mestieri digitali (data analyst, esperti di etica dell’intelligenza artificiale, sviluppatori) e valorizzazione di competenze giuridiche, statistiche ed economiche declinate in chiave digitale. L’intelligenza artificiale deve liberare tempo e energie per attività a più alto valore, non sostituire persone.
La contrattazione collettiva può essere il motore della transizione. Già nel rinnovo dei Ccnl 2025-2027 dovremo inserire principi e regole per governare l’introduzione dell’AI: diritto alla trasparenza algoritmica, al riesame delle decisioni automatizzate, alla protezione dei dati personali e alla salvaguardia del merito. Non si può accettare che la valutazione delle performance diventi un esercizio opaco e discrezionale, magari amplificato da algoritmi non spiegabili.
Tra i principi enunciati dal Ccnl, dovrà essere valorizzata la centralità della persona e la responsabilizzazione, da declinare attraverso la garanzia di supervisione e coinvolgimento umano nelle decisioni assunte con il supporto dell’intelligenza artificiale. Quest’ultima deve essere in ogni caso considerata uno strumento di supporto all’attività umana, e non un sostituto del giudizio o dell’autonomia decisionale delle persone.
È inoltre necessario che chi utilizza sistemi di intelligenza artificiale sia adeguatamente formato e consapevole dei potenziali impatti connessi all’adozione di tali tecnologie.
Il contratto dovrà promuovere un utilizzo dell’intelligenza artificiale che sia etico, inclusivo e sostenibile, prevedendo in particolare una valutazione preventiva degli impatti derivanti dall’implementazione di sistemi automatizzati, soprattutto nei casi in cui essi possano rappresentare un rischio per la salute, la sicurezza o i diritti fondamentali delle persone.
La sfida è anche culturale. Occorre coltivare nella Pubblica amministrazione l’intelligenza naturale: pensiero critico, creatività, capacità di leggere i contesti. Lavorare con l’intelligenza artificiale, non per l’intelligenza artificiale. Valorizzare le persone, non addestrarle ad assecondare i software. E serve una leadership capace di responsabilità e visione, non appiattita sulla gestione dell’esistente.
Due ambiti ci appaiono oggi prioritari per ottenere benefici tangibili: la semplificazione amministrativa e l’analisi predittiva dei bisogni, in settori chiave come sanità, previdenza, protezione civile, sicurezza del lavoro. Ma serve un primo passo concreto: un patto strategico tra Governo e parti sociali. Un’agenda condivisa per l’introduzione dell’intelligenza artificiale, con obiettivi misurabili, risorse certe e partecipazione reale. Non si tratta solo di acquistare tecnologie, ma di costruire un modello organizzativo capace di assorbirle, governarle, e orientarle al bene comune.
Solo così l’intelligenza artificiale può diventare davvero uno strumento di emancipazione collettiva e rilancio del lavoro pubblico.