Non voglio fare una rievocazione nostalgica dei bei tempi andati, ma tracciare una possibile interpretazione dei fatti, per capire cosa è andato storto. Verso la fine degli anni ‘80, incominciavo la mia attività di medico di base, in qualità di sostituto, per diversi colleghi massimalisti del mio paese. La figura del medico di base aveva ancora i connotati del “medico di famiglia”, un ruolo ancora strettamente imparentato con quello del medico condotto del paese, nella memoria di tanta gente e con un significato quasi sacerdotale: importantissimo punto di riferimento e, a volte unico, e risorsa sanitaria locale per molti.

Lavoravo da solo, senza supporto informatico e scrivendo tutto a mano, aggiornando il diario clinico cartaceo, ma imprimendo nella mente malattie e persone, dopo diverse visite non avevo bisogno di consultare la cartella clinica, perché di quelle persone ricordavo e ricordo ancora tutto.

Lo strumento principale era la relazione, la frequentazione, il racconto, anche le chiacchiere di paese e di quartiere, nel tempo lento e umano di un ambulatorio dedicato soprattutto all’ascolto. Ho salutato con entusiasmo l’arrivo del computer nei miei ambulatori, nel 1995 ero tra i pochi medici della zona ad avere un supporto informatico. Era uno straordinario aiuto, pratico, veloce ed efficiente. Non immaginavo che molto presto, sarebbe diventato lo strumento alienante e distopico di una gestione disumana della medicina del territorio. Il computer era mio, personale e isolato da qualsiasi interferenza amministrativa.

Quando, purtroppo, l’azienda sanitaria ha incominciato a percepire il lavoro del medico di base non come risorsa sociale ma solo come ingombrante voce di spesa sanitaria, sono incominciati i guai. La connessione con i server regionali e aziendali ha reso possibile il controllo in tempo reale della spesa sanitaria per tutto quello che passa nell’ambulatorio del medico di base: spesa farmaceutica, visite specialistiche, ricoveri, richieste di esami, con un controllo centrale che si materializza con i vari report di spesa che le aziende inviano ai medici, con un monito continuo sul controllo della spesa. “Dottore, si sta allontanando dai parametri di spesa, faccia il bravo…”. Ed essere bravo significa non la qualità del lavoro clinico che non interessa a nessuno, ma restare nel range dei preventivi economici aziendali, anche attraverso premi in denaro sottoscritti da un patto aziendale.

Così, il mio computer si è trasformato da potente alleato a strumento di controllo, attraverso il quale, le aziende sanitarie fanno passare non solo il controllo della spesa, ma anche tutti quei laccetti burocratici quali note prescrittive, piani terapeutici, trascrizione folle di impegnative per nome e per conto di specialisti pubblici, privati, cliniche private, certificati di ogni genere, una mole di assurda burocrazia che ruba tempo al medico, il tempo clinico che dà significato, dignità e autentico ruolo alla professione.

Con il computer siamo diventati trascrittori e burocrati per opera di quelli che non hanno mai capito l’importanza del lavoro clinico della medicina del territorio: dirigenti Usl, soprattutto. E’ cambiata anche la gente che arriva negli ambulatori, con la fretta, l’impazienza, la paura del rapporto relazionale, la diffidenza, la pseudo-cultura da Internet, la presunzione del supremo ruolo della tecnologia, i pazienti non cercano più un rapporto umano, ma una rassicurante medicina tecnologica e veloce, in una schizofrenica ambivalenza per la quale resta incantata dalla tecnologia ma rimpiange il vecchio medico condotto.

Da quando ho incominciato, il medico di base è diventato l’immagine della sconfitta sociale di un ruolo che era importantissimo e scaduto in un ruolo marginale di tipo impiegatizio di basso livello. Per questo, tanti colleghi vanno in pensione in netto anticipo, per questo i giovani laureati non vogliono fare questo mestiere, per questo molti di noi hanno cominciato a giocare in difesa.

La medicina difensiva ti mette al riparo da denunce e controversie ma richiede una grande mole di esami inutili e costosi, la medicina difensiva ha trasformato gli ambulatori di libero accesso in ambulatori con sole visite su appuntamento, non facendo più da filtro sul territorio e senza il quale troppi codici bianchi finiscono in pronto soccorso. Una squadra vincente gioca attaccando, una mediocre si arrocca in difesa per non subire. E’ così che abbiamo perso la partita e così abbiamo mandato in malora un ruolo fondamentale nel SSN: la medicina del territorio. Sulla scorta dei romanzi distopici del passato come “1984” o “Il Mondo Nuovo” o “Farenheit 451” che immaginavano scenari catastrofici partendo da una lettura sensibile della realtà, potremmo scriverne un’altro: “USL 2025: la morte del medico di base”.

Enzo Bozza
Medico MMG a Vodo e Borca di Cadore (BL)