Insufficienza respiratoria
Definizione e classificazione
L’insufficienza respiratoria è la condizione in cui l’apparato respiratorio non riesce a garantire un’adeguata ossigenazione del sangue e/o l’eliminazione dell’anidride carbonica dall’organismo. In termini pratici, si parla di insufficienza respiratoria quando negli scambi gassosi polmonari si osservano valori anomali dei gas nel sangue arterioso: tipicamente una ipossiemia (PaO₂ < 60 mmHg in aria ambiente) e/o una ipercapnia (PaCO₂ > 45-50 mmHg) persistenti . Si distinguono due forme principali: l’insufficienza respiratoria di tipo I (detta anche parziale o ipossiemica), in cui c’è carenza di ossigeno nel sangue arterioso ma la CO₂ è normale o bassa, e l’insufficienza respiratoria di tipo II (detta globale o ipercapnica), in cui oltre all’ipossiemia è presente un accumulo di anidride carbonica con ipercapnia. Entrambe le forme comportano un serio rischio per la vita se non corrette, in quanto l’ossigeno è essenziale per le funzioni vitali dei tessuti e l’eccesso di CO₂ può causare acidificazione del sangue (acidosi respiratoria).
Un’altra distinzione importante è tra insufficienza respiratoria acuta e cronica. Nell’insufficienza respiratoria acuta, il collasso degli scambi gassosi avviene in modo improvviso (minuti, ore), ad esempio in corso di una grave polmonite, di un edema polmonare acuto o di una crisi d’asma grave. Il corpo non ha tempo di attivare meccanismi di compenso, per cui l’acidosi da CO₂ si instaura rapidamente e i sintomi sono drammatici, richiedendo spesso un intervento di emergenza (ventilazione assistita). Nell’insufficienza respiratoria cronica, invece, il disturbo degli scambi gassosi si instaura lentamente (mesi, anni), ad esempio nella BPCO in fase avanzata o nelle malattie neuromuscolari: in questi casi l’organismo mette in atto adattamenti (come un aumento dei globuli rossi, adattamento renale all’acidosi, ecc.) e il paziente può apparire clinicamente stabile nonostante valori di ossigeno cronicamente bassi. Tuttavia, anche l’insufficienza cronica può scompensarsi acutamente (si parla di insufficienza “acuta su cronica”, tipico ad esempio dell’esacerbazione acuta di BPCO con ritenzione di CO₂).
Cause comuni
Le cause di insufficienza respiratoria sono numerose e corrispondono a praticamente qualsiasi patologia grave dell’apparato respiratorio (e talvolta di quello cardiovascolare o neuromuscolare) che impedisca un adeguato scambio di gas. In generale possiamo identificarne alcune categorie principali:
- Patologie polmonari intrinseche: ad esempio polmoniti estese, ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto), edema polmonare cardiogeno (scompenso cardiaco acuto), embolia polmonare massiva, crisi asmatica grave, riacutizzazione severa di BPCO, COVID-19 con polmonite interstiziale, pneumotorace iperteso, etc. Queste condizioni possono causare una grave alterazione della ventilazione/perfusione polmonare e portare rapidamente a ipossiemia . Molte di esse rappresentano emergenze mediche.
- Disturbi della ventilazione (pompa respiratoria): ad esempio BPCO molto avanzata (in cui oltre all’ipossiemia cronica si instaura ipercapnia per inefficienza ventilatoria), malattie neuromuscolari come SLA o distrofie muscolari (debolezza dei muscoli respiratori), sindrome obesità-ipoventilazione (obesità grave che ostacola la meccanica ventilatoria), traumi o deformità della gabbia toracica (es. cifoscoliosi severa), depressione del centro respiratorio da farmaci (overdose di oppiacei o sedativi). In questi casi spesso il problema è l’ipoventilazione alveolare: i polmoni non vengono ventilati a sufficienza, portando a ritenzione di CO₂ (tipo II) .
- Cause miste o altre: a volte insufficienza respiratoria deriva da una combinazione di problemi, ad esempio in una riacutizzazione di BPCO c’è sia disventilazione che alterazioni polmonari; oppure in patologie croniche come la fibrosi polmonare (che causa ipossiemia cronica) che poi sviluppa ipercapnia terminale. Anche condizioni come il shock o l’arresto cardiaco portano a insufficienza respiratoria secondaria (cessa la perfusione polmonare).
In ambito clinico, le cause più frequenti di insufficienza respiratoria acuta che si vedono in ospedale includono: scompenso cardiaco acuto (edema polmonare acuto), polmonite e ARDS, riacutizzazione di BPCO, sepsi con ARDS, trauma. Ad esempio, la recente pandemia da SARS-CoV-2 ha mostrato un’elevata incidenza di insufficienza respiratoria acuta nei pazienti con polmonite interstiziale da COVID-19, molti dei quali hanno necessitato di ventilazione meccanica . Le cause di insufficienza cronica, invece, vedono in prima linea la BPCO (principale responsabile di insufficienza respiratoria cronica globale nei paesi occidentali, spesso in stadio avanzato con necessità di ossigeno domiciliare), seguita da fibrosi polmonari, esiti di tubercolosi estese, malattie neuromuscolari progressive, ecc.
Sintomi e segni
I sintomi dell’insufficienza respiratoria variano in base alla rapidità di insorgenza e al tipo, ma in generale includono: dispnea marcata (il paziente “fatica a respirare”), respiro rapido e superficiale (tachipnea) nelle forme ipossiemiche; oppure respiro paradossalmente lento/bradipnoico e superficiale nelle forme ipercapniche scompensate (quando il drive respiratorio è depresso dalla CO₂ elevata). La cianosi (colorazione blu delle labbra, letto ungueale) è un segno tipico di ipossiemia severa. Nell’insufficienza respiratoria acuta il paziente può presentare stato confusionale, agitazione (da ipossia cerebrale), oppure sonnolenza e riduzione dello stato di coscienza (soprattutto nell’ipercapnia acuta, che provoca narcosi da CO₂). Possono comparire sudorazione fredda, tachicardia e ipertensione (attivazione adrenergica da stress respiratorio). Se progredisce, si può arrivare a perdita di coscienza e infine arresto respiratorio.
Nelle forme croniche, i sintomi sono più subdoli: la dispnea cronica e la facile faticabilità sono costanti, spesso c’è policitemia (aumento dei globuli rossi) come adattamento all’ipossia cronica, ed eventualmente segni di cuore polmonare cronico (sovraccarico del ventricolo destro per ipertensione polmonare da ipossia, con edema declive, ingrossamento del fegato, ecc.). Un segno caratteristico di ipercapnia cronica è la cefalea mattutina (mal di testa al risveglio) dovuta alla ritenzione di CO₂ durante il sonno, spesso associata a sonnolenza diurna e disturbi del sonno (sindrome da ventilazione insufficiente nel sonno).
Diagnosi
La diagnosi di insufficienza respiratoria viene confermata dall’emogasanalisi arteriosa (EGA), un esame del sangue arterioso che misura le pressioni di O₂ e CO₂ e il pH. È l’esame chiave: valori di PaO₂ < 60 mmHg indicano insufficienza respiratoria (tipo I se PaCO₂ è normale/bassa, tipo II se PaCO₂ > 45-50 mmHg con pH acido). Oltre all’EGA, è fondamentale identificare la causa sottostante: quindi si eseguono radiografia/TC torace, ECG, esami ematochimici, ecocardio, test funzionali, a seconda del contesto clinico, per trovare il fattore scatenante (che va aggredito). Ad esempio, in pronto soccorso un paziente con grave dispnea e cianosi verrà subito sottoposto a EGA (che confermerà l’insufficienza) e parallelamente a una radiografia del torace o TAC per vedere se c’è una polmonite, a un ecocardio per valutare un edema cardiogeno, e così via.
Trattamento
Il trattamento dell’insufficienza respiratoria ha due obiettivi: correggere gli scambi gassosi (per salvaguardare la vita del paziente) e trattare la causa scatenante.
- Supporto respiratorio: In un paziente ipossiemico, la prima misura è somministrare ossigeno supplementare (es. maschera o cannula nasale) per aumentare la saturazione di O₂ nel sangue. Nei casi gravi può essere necessario supportare la ventilazione: si ricorre alla ventilazione meccanica. Questa può essere in modalità non invasiva (NIV) tramite maschera facciale (ad esempio CPAP o BiPAP, spesso usata nelle riacutizzazioni di BPCO o nell’edema polmonare cardiogeno), oppure se il paziente è incapace di ventilare adeguatamente e/o ha un’alterazione dello stato di coscienza, si procede all’intubazione tracheale e ventilazione meccanica invasiva in terapia intensiva. La ventilazione assistita permette di mantenere ossigenazione e rimuovere la CO₂ mentre si trattano le cause. Nei casi di ARDS refrattaria, come visto nella pandemia COVID, si possono usare tecniche avanzate come la pronazione del paziente o persino la ECMO (ossigenazione extracorporea) temporanea, nei centri specializzati.
- Trattamento causale: è fondamentale risolvere o migliorare la patologia sottostante. Ad esempio, se la causa è una polmonite batterica, andranno somministrati antibiotici ad ampio spettro rapidamente; se è un edema polmonare acuto cardiogenico, si daranno diuretici e supporto alla funzione cardiaca; in un attacco asmatico acuto si somministreranno broncodilatatori e corticosteroidi; in un’embolia polmonare massiva può servire trombolisi o embolectomia; in un trauma toracico con pneumotorace iperteso si drenano i gas etc. Senza rimuovere la causa, l’insufficienza non potrà risolversi stabilmente.
- Supporto generale: monitoraggio intensivo, correzione degli elettroliti e dell’acidosi, sedazione appropriata se intubato, fisioterapia respiratoria nelle fasi di recupero, nutrizione adeguata, etc., fanno parte della gestione integrata.
Nelle forme croniche, il trattamento è più sulla lunga durata: la ossigenoterapia a lungo termine (LTOT) a domicilio è cardine nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica ipossiemica (ad esempio BPCO stadio finale), e ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza se usata almeno 15 ore al giorno . Il classico studio NOTT ha evidenziato che i pazienti con BPCO ipossiemica che ricevono O₂ prolungato vivono più a lungo di quelli senza, e ciò ha portato a raccomandare LTOT in questi casi. Altri supporti includono la ventilazione meccanica domiciliare notturna in pazienti con ipercapnia cronica (es. in alcune BPCO molto avanzate, nella obesità-ipoventilazione o nelle malattie neuromuscolari, si utilizza un ventilatore a pressione positiva notturno via maschera per aiutare la ventilazione durante il sonno). Questa modalità, chiamata NIV domiciliare, può migliorare l’andamento di CO₂ e la qualità del sonno/di vita. Ovviamente, vanno trattate le malattie di base: broncodilatatori, corticosteroidi e riabilitazione respiratoria nella BPCO; gestione delle malattie neuromuscolari con assistenza ventilatoria; trapianto polmonare in selezionati casi terminali, ecc.
Prognosi
L’insufficienza respiratoria acuta rappresenta un’emergenza medica: la prognosi dipende dalla causa e dalla rapidità/efficacia del supporto. Ad esempio, un’ARDS grave ha ancora mortalità elevata nonostante ventilazione protettiva, mentre un edema polmonare acuto risponde rapidamente alla terapia medica con ottima prognosi se trattato prontamente. L’insufficienza respiratoria cronica, d’altro canto, indica uno stadio avanzato di una malattia respiratoria: è spesso irreversibile, ma con l’ossigenoterapia e le cure domiciliari il paziente può vivere anni. Tuttavia, la qualità di vita può essere limitata dall’uso dell’ossigeno, dalla ridotta autonomia e dalla necessità di apparecchi ventilatori. Prevenire l’insufficienza respiratoria significa in larga parte prevenire e curare precocemente le malattie polmonari (stop al fumo per prevenire BPCO, vaccini per evitare polmoniti, riconoscere subito un’insufficienza incipiente in fibrosi polmonare, etc.).
In conclusione, l’insufficienza respiratoria non è di per sé una malattia, ma la manifestazione finale di diversi possibili problemi respiratori o sistemici. Riconoscerla tempestivamente (saturimetri e EGA) e intervenire sia con supporto ventilatorio che sulla causa può salvare la vita nel caso acuto. Nel caso cronico, un’attenta gestione integrata e il supporto tecnologico (ossigeno, ventilazione) possono stabilizzare il paziente e prolungarne la sopravvivenza, come ormai dimostrato nella BPCO avanzata .
(Riferimenti: Definizione ARDSNet/ATS; StatPearls Respiratory Failure ; American Thoracic Society guidelines ossigenoterapia; Studio NOTT .)

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